Mystero

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    "Il Disco di Nebra è una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente all'Età del Bronzo che raffigura chiaramente fenomeni astronomici e simboli di forte impronta religiosa [...] Modalità di ritrovamento. Fu rinvenuto nell'estate del 1999 da alcuni saccheggiatori di tombe all'interno di una cavità in pietra sul monte Mittelberg, nei pressi della cittadina di Nebra, in Germania. Dal 2002 appartiene al museo regionale della Preistoria di Halle, in Sassonia-Anhalt [...] Il disco raffigurante il cielo fu trovato da Henry Westphal e Mario Renner, due saccheggiatori di tombe, che inizialmente ritennero fosse il coperchio di un secchio. Pare che nel 1999 sia stato venduto da mediatori prima a Berlino e poi a Monaco [...] La prima volta fu venduto per 32.000 marchi, e fino al 2001 è passato di proprietà diverse volte. Su iniziativa del Ministero della Cultura e del Ministro degli Interni, oltre che dell'ente regionale per l'archeologia del Sachsen - Anhault, fu possibile entrare in contatto con i ricettatori, che lo avevano offerto sul mercato nero per 700.000. L'archeologo Meller, spacciandosi per un acquirente interessato all'acquisto, fissò con loro un appuntamento in un hotel di Basilea; il disco, insieme ad altri reperti, fu così sequestrato dalla polizia svizzera che arrestò i due ricettatori, una istiturice del museo e un insegnante. I saccheggiatori, successivamente interrogati, diedero informazioni sul luogo del ritrovamento, suffragate anche dalle indagini tecniche degli inquirenti. A seguito del processo tenutosi a Naumburg (Saale), nel settembre 2003, venne loro inflitta una pena di quattro mesi di reclusione a uno e dieci all'altro. Gli imputati hanno presentato ricorso alla Corte d'Appello, che ha innalzato la condanna rispettivamente a sei e dodici mesi".

    "Luogo di ritrovamento. La cavità in pietra si trova all'interno di un ancor più antico bastione sulla cima del Mittelberg, circa 252 metri di altezza, a 4 chilometri a nord di Nebra. Non è ancora chiaro se si tratti di una roccaforte o di una tomba; le ricerche non sono ancora concluse, ma il luogo, quando forse la montagna non era coperta dalla foresta, potrebbe già stato essere utilizzato nel Neolitico, probabilmente come osservatorio astronomico. Circa 20 chilometri dal luogo del ritrovamento si trova [...] l'osservatorio solare di Gosek, risalente al V millennio a.C.; il che dimostra che le conoscenze astronomiche risalgono ad un periodo ancora più remoto del Disco di Nebra".

    "Descrizione. La piastra metallica, di forma quasi circolare, con un diametro di circa 32 centimetri, uno spessore di 4,5 mm al centro e di 1,7 mm sul bordo, pesa circa 2 kg, ed è costruita in bronzo, una lega di rame e stagno. Le applicazioni in lamina d'oro presentano una tecnica particolare di lavorazione ad intarsio e sono state aggiunte e più volte modificate. Grazie ad altri ritrovamenti (spade di bronzo, due asce, uno scalpello e frammenti di un bracciale a forma di spirale) è presumibile che il disco sia stato sotterrato intorno al 1600 a.C., mentre la data di fabbricazione viene stimata tra il 1700 a.C. e il 2100 a.C. Queste applicazioni consistevano inizialmente in 32 piccole placche rotonde, e due più grandi, una rotonda e una a forma di falce; sette delle placche più piccole sono raggruppate in alto tra le due maggiori. Più tardi sul bordo destro e sinistro furono applicati i cosidetti archi dell'orizzonte, costituti da oro estratto in altri luoghi, meno puro dal punto di vista chimico [...] Quando il disco fu interrato mancava già l'arco sinistro, e sul bordo erano impressi con estrema precisione 40 fori di circa 3 mm".

    "Composizione. La piastra fu sottoposta ad analisi comparata tramite fluorescenza X da parte di E. Pernicka, allora all'Università di Friberga in Sassonia [...] A parte una minima concentrazione di stagno del 2,5%, sono rilevabili tracce di arsenico pari allo 0,2%, una percentuale tipica dell'Età del Bronzo".

    "Interpretazione. Il Disco di Nebra è stato principalmente esaminato dall'archeologo Harald Meller [...], dall'astronomo Wolfhard Schlosser [...] e dai chimici esperti in archeologia Ernst Pernicka [...] Heinrich Wunderlich [...] e da Miranda J. Aldhouse Green [...], archeologa e studiosa delle religioni dell'Età del Bronzo. Secondo l'interpretazione di Meller e Schlosser le placche più piccole rappresentano le stelle, e il gruppo di sette rappresenta forse le Pleiadi, visibili nella costellazione del Toro. Si ritiene che le altre 25 non siano astri, ma semplici decorazioni. Il disco maggiore in un primo momento fu considerato il Sole ma anche la Luna, mentre la falce era la Luna crescente [...] Lo scopo dei fori laterali non è chiaro; probabilmente servivano a fissarlo, cosa che fa pensare ad un utilizzo del disco anche come oggetto di culto [...] Secondo Alexander Thom il disco potrebbe essere riferibile ad un calendario solare [...] Anche per MacKie molti aspetti del disco supportano questa ipotesi, sulla base anche degli studi di W. Schlosser.

    "Dubbi sull'autenticità nel processo penale. Nel corso del processo d'appello contro i razziatori di tombe, la difesa ha messo in dubbio l'autenticità del disco raffigurante il cielo; se fosse provato che si tratta di un falso, l'accusa di ricettazione di un oggetto di valore artistico dovrebbe essere ritirata. Nell'udienza del 21 febbraio 2005, la difesa ha invitato a deporre in qualità di esperti gli archeologi Regensburg Peter Schauer [...] e Joseph [...]. Secondo Schauer, in base alle fotografie, si tratta di un falso del XIX secolo, opera di dilettanti. Lo dimostrano, fra l'altro, gli identici fori sul bordo fatti con un punzone e praticabili solo con utensili moderni, ed i segni di fresatura sull'intaglio in alto a sinistra. Il fatto che ci siano altri reperti dell'Età del Bronzo non costituisce una prova, perchè trovati in altri strati del terreno. La patina che ricopriva il disco potrebbe essere stata prodotta artificialmente con urina ed acidi. Schauer aveva già espresso la sua tesi alla fine del 2004 [...] Come esperti a favore dell'accusa Harald Meller, Ernst Pernicka, Heinrich Wunderlich ed il geologo Gregor Borg hanno sostenuto che il disco è autentico; la prova è data dalla concetrazione di rame presente nel terreno del luogo di ritrovamento, 50 volte superiore alla media, ed indica che l'oggetto di bronzo giaceva lì da moltissimo tempo".

    Fonte: link

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    CITAZIONE
    Circa 20 chilometri dal luogo del ritrovamento si trova [...] l'osservatorio solare di Goseck, risalente al V millennio a.C.

    Più precisamente, si tratta di una trentina di chilometri: link

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    Edited by Ultron1986 - 28/6/2016, 06:37
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    CITAZIONE
    La grotta piùà grande del mondo [...] Hang Son Doong

    E' situata nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Beng, vicino al confine con il Laos.

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    La grotta Krubera, in Abkhazia (Georgia), con i suoi - 2.197 metri è la grotta più profonda conosciuta:

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    Atlante Farnese: link, link, link, link, link, link, link, link

    Hevelius: link, link, link

    Il perduto Catalogo stellare di Ipparco: link, link, link, link, link, link, link

    Tolomeo: link, link, link
    "Numerose sono le opere che rappresentano costellazioni e segni zodiacali; molte sono state realizzate con svariate tecniche artistiche, come quelle pittoriche, a rilievo o a mosaico. Il reperto più antico e più conosciuto nel mondo dell'arte, è la statua dell'Atlante Farnese, opera considerata tra le più interessanti, sia per la completezza degli elementi, sia per la complessità esecutiva. Quella che ammiriamo oggi, è una tarda copia romana risalente al II sec. d.C., proveniente da una statua bronzea di epoca ellenistica.

    Inizialmente, la statua sembra fosse stata inserita nella decorazione della biblioteca del foro di Traiano a Roma e, forse, realizzata in uno dei più importanti centri culturali e scientifici del tempo: il Museo di Alessandria [...] La statua è alta più di 2 mt. e rappresenta il Titano che sorregge con le due mani la sfera celeste, quasi bloccata tra le spalle e la testa. Enorme e muscoloso, Atlante ci appare in piena tensione, schiacciato e contratto sotto il possente peso del globo celeste [...] Il corpo è modellato con maestria artistica e grande abilità tecnica. Anche la testa è rappresentata con la stessa forza espressiva [...]

    Sul globo, dal diametro tra 65/70 cm, sono raffigurate in rilevo di circa 6 mm. le costellazioni conosciute ai tempi degli antichi Greci, i cerchi armillari, l'equatore celeste, i tropici, il circolo artico ed antartico (con differenti funzioni e coordinate rispetto alle attuali). Ci sono anche due cerchi meridiani che attraversano i poli e i punti dei solstizi e degli equinozi, l'eclittica con la fascia dello zodiaco e, infine, 19 costellazioni boreali, i 12 segni zodiacali e le 14 costellazioni australi per un totale di figure comprese tra 41 e 45. Sul globo sono ben visibili gli emisferi che sono separati dall'equatore e la cui fascia a rilievo è attraversata obliquamente dall'eclittica.

    Nell'iconografia delle costellazioni, emergono alcune curiosità: sopra il segno del Cancro, sotto l'Orsa Maggiore, appare un piccolo trono; forse si tratta di una cometa visibile in Italia all'epoca di Augusto e per questo fu chiamata "Trono di Cesare". Sono, inoltre, assenti il Piccolo Cavallo (una costellazione secondaria vicina a Pegaso), il Cavallo Alato e il Triangolo; non si vede il Pesce Australe perchè coperto dalle spalle dell'Atlante, e infine, per la presenza di un foro sulla parte superiore del globo, non sono evidenti l'Orsa Minore e buona parte dell'Orsa Maggiore. Per il suo particolare valore astronomico, cosmologico, astrologico e mitologico, questa statua ha sempre attirato l'attenzione di vari studiosi. e in particolare quello dell'astrofisico Bradley E. Schaefer della Louisiana State University che, in un convegno dell'American Astronomical Society, tenutasi a San Diego in California, il 10 gennaio del 2005, ha dichiarato che sul globo dell'Atlante Farnese sono riportate in modo accurato le costellazioni del Catalogo stellare di Ipparco da Nicea, per molto tempo stato dato per disperso.

    Questa notizia in Italia fu accolta con grande interesse dagli studiosi e in modo particolare dal Prof. Sigismondi, docente di Storia dell'Astronomia presso l'Università La Sapienza di Roma, che ritenne tale "scoperta davvero importante per la storia dell'astronomia. L'astrofisico americano, dunque, dopo aver condotto svariate ricerche e raccolto diversi elementi, ha dimostrato che il catalogo stellare di Ipparco è effettivamente riportato sul globo della famosa statua. Ma chi era Ipparco di Nicea? Matematico e geografo, Ipparco nato a Nicea è ricordato come il primo astronomo dell'antichità greca [...] Di tutte le sue opere, l'unica sopravvissuta fino ad oggi è il "Commentario" con la descrizione dettagliata delle costellazioni. Ipparco compilò un celebre catalogo stellare, nel quale sono riportate circa 1080 stelle con le relative latitudini, longitudini, posizioni rispetto all'eclittica e luminosità.

    Grazie alla luminosità, Ipparco riuscì a classificare le varie stelle e ad assegnarle a diversi gruppi [...] Il catalogo stellare di Ipparco sembra che sia stato realizzato intorno al 129 a.C. ed è considerato il primo catalogo in assoluto. Del Catalogo si dice che fosse andato perduto all'inizio dell'era cristiana in seguito ad un rogo scoppiato nell'immensa biblioteca di Alessandria nel 295 a.C. Della sua esistenza, si è avuta notizia solo molto tempo dopo grazie a Claudio Tolomeo che lo menziona nel suo Almagesto, realizzato nel 120 a.C., e che per certi versi si basa anche sulle scoperte fatte dallo stesso Ipparco. Il prof. Schaefer, affascinato dalle scoperte dell'antico astronomo e dalle costellazioni presenti sul globo dell'Atlante Farnese, ha incominciato a svolgere lunghe ricerche durate svariati anni, per concludere che quei rilievi rappresentati erano una riproduzione abbastanza fedele del catalogo stellare di Ipparco.

    Le osservazioni e gli studi fatti dall'astrofisico circa le costellazioni rappresentate sul globo, si basano principalmente su risultati ricavati sia da rilevamenti fotografici fatti personalmente sul globo, sia dall'accuratezza dei dettagli con cui lo scultore ha ritratto le costellazioni. Quindi, secondo lo stesso Schaefer, lo scultore per realizzare quest'opera avrebbe usato osservazioni astronomiche precise, provenienti da un catalogo stellare che solo Ipparco avrebbe creato prima del 128 a.C. [...] Egli ha riportato le posizioni delle stelle scultorie su di una mappa e poi le ha confrontate con quelle sviluppate al computer, calcolando anche le coordinate e i moti stellari, tornando indietro fino a 2130 anni fa".

    Fonte: link

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    "Non tutto il catalogo di Ipparco sembrerebbe perduto. Lo ha proposto, il 10 gennaio 2005, Bradley E. Schaefer, astrofisico della Louisiana State University a Baton Rouge, in un convegno dell'American Astronomical Society tenutosi a San Diego, in California. Seguendo un'ipotesi già proposta nel 1898 da Georg Thiele, ha rilevato le configurazioni delle costellazioni presenti in rilievo sul globo dell'Atlante Farnese (copia romana del II secolo, da un originale greco), conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha poi ricostruito la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo osservato da Ipparco, all'incirca nel 129 a.C. Il risultato ha evidenziato un'ottima coincidenza tra le previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate dall'Atlante Farnese, che lo hanno indotto a individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell'epoca. Le teorie di Schaefer sono state aspramente criticate da altri esperti. Si tratterebbe di una prova indiretta dell'esistenza del catalogo La prima era stata fornita dallo stesso Schaefer, che aveva dimostrato l'incorporazione, nell'Almagesto, di una parte del catalogo di Ipparco" (tratto da Wikipedia).

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    Edited by Francesco Z - 7/10/2015, 16:05
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    "Angelo Pitoni (Rieti, 1924 - Rieti, 2009) è stato un esploratore, scrittore, militare e geologo italiano. Angelo Pitoni è stato geologo per la FAO, botanico e agronomo dilettante, scopritore di miniere di smeraldi, esperto di lapislazzuli. Prima di essere geologo Pitoni è stato medagli d'oro della Resistenza. E' stato amico di don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, decorato con la silver star americana, agente segreto a 20 anni, esploratore e avventuriero nelle giungle amazzoniche a 23. Tra le sue scoperte ci sono le Sky Stone, i Nomoli e la Dama del Mali. La Dama del Mali si trova nell'Africa occidentale, in Guinea, su uno sperone di roccia alto 1.500 metri prospiciente l'Oceano Atlantico. La figura era considerata dagli studiosi l'effetto dell'erosione eolica, ma Pitoni ha ipotizzato trattarsi di una scultura realizata 20.000-35.000 anni fa. La Dama rappresenta una donna con cappello e lo sguardo verso il basso. Alta 150 metri, se fosse realizzata oggi rappresenterebbe una opera colossale. Gli indigeni raccontano la leggenda di una donna che fu tramutata in pietra per aver ucciso il marito.

    Opere

    L'incognito: uomo, materia, antimateria [...] 1973
    Il mistero della vita [...] 1995
    Il nostro suolo [...] 1971".

    Fonte: link

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    "Il professor Angelo Pitoni è una persona fuori dal comune, e descrivere la sua vita è davvero un'impresa titanica. In breve si può dire che egli è un geologo della FAO, botanico, scopritore di miniere di smeraldi, esperto in pietre rare, esploratore di luoghi remoti e scopritore di reperti archeologici unici. E prima di essere tutto ciò, Pitoni è stato anche medaglia d'oro della resistenza e commando delle Special Force inglesi e dell'OSS americano (antenato della CIA). Pitoni nella sua vita ha fatto innumerevoli scoperte di 'piccola' importanza, che vanno da statuette antichissime ad una città maya. Ma egli ha anche scoperto alcune cose di una importanza notevole come le Sky Stone e la Dama del Mali. Nel 1990 Angelo Pitoni ha scoperto in Sierra Leone (Africa occidentale) l'esistenza di una anomala pietra azzurra che egli ha poi portato ad analizzare presso diversi laboratori del mondo. Gli esami effettuati ai laboratori dell'università di Ginevra, della Sapienza di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg affermano tutti la stessa cosa, cioè che la pietra azzurra "non esiste" perchè non è neanche simile a qualsiasi tipo di roccia conosciuta in natura. Di conseguenza deve trattarsi di una pietra artiificiale. Poichè tale pietra è di colore azzurro con sottili venature bianche, essa è stata chiamata "Skystone", cioè pietra del cielo. La sua composizione è risultata essere oltre il 77% di ossigeno, e il rimanente per la gran parte essere carbonio,silicio, calcio, sodio. La composizione della Skystone la rende simile a quella di una specie di cemento o di stucco, e sembra che sia stata colorata artificialmente. Gli indigeni del luogo della scoperta già conoscevano tale pietra, poichè a volte essa saltava fuori quando scavavano buche nel terreno. E a volte tale pietra circolava anche fuori dalla Sierra Leone, dato che la stessa pietra fu rinvenuta anni prima in un mercato del Marocco, fu chiamata 'Kryptonite' e fu analizzata a Londra ottenendo gli stessi risultati, finendo però per essere dimenticata come avviene per tutti i reperti archeologici che non trovano spiegazion".

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    Si tratta di informazioni da verificare.

    Edited by Francesco Z - 7/10/2015, 09:09
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    Scoperta interessante e sorprendente.
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    CITAZIONE
    Nel 1876 comparve a Londra un libro sconvolgente dal titolo Libro di Oera Linda, sottotitolato "Da un manoscritto del XIII secolo"

    CITAZIONE
    Nel 1848 il manoscritto era stato ereditato da un certo C. Over de Linden

    CITAZIONE
    Stando a ciò che si leggeva nell'Introduzione scritta nel 1871, il libro era stato conservato presso la famiglia Linden (o Linda) "da tempo immemorabile" [...] L'incipit era costituito da una lettera di un tal "Liko Oera Linda", datata 803 d.C., in cui l'uomo diceva che avrebbe conservato il libro "col corpo e con l'anima", poichè in esso era contenuta la storia della sua gente.

    " Nel 1872, Jan Gerhardus Ottema pubblicò una traduzione in olandese [...] Negli anni successivi vi fu una polemica pubblica molto calda, ma dal 1879 si è universalmente riconosciuto che il testo è di recente composizione [...] Goffe Jensma ha pubblicato una monografia sul manoscritto nel 2004 [...]". Jensma sostiene che probabilmente si tratta di un "falso per ingannare alcuni frisoni nazionalisti e cristiani ortodossi [...]" (tratto da Wikipedia).

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    Non manca tuttavia chi - per esempio il giornalista Harold T. Wilkins e lo scrittore Robert Scrutton - ne ha difeso e ne difende tuttora l'autenticità.

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    Edited by Francesco Z - 6/10/2015, 15:58
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    "Le ricerche iniziali [...]" conclusero che "le giare di pietra sono associate a pratiche di sepoltura preistoriche [...]". Negli anni successivi, sono stati scoperti "resti umani, corredi funerari e ceramiche intorno ai vasi di pietra". "La Piana delle Giare è datata all'Età del Ferro [*] ed è uno dei siti più importanti per lo studio della Preistoria del Sudest asiatico [...] Più di 90 siti sono noti all'interno della provincia di Xieng Khouang. Ogni sito va da 1 fino a 400 vasi di pietra. I vasetti variano in altezza e diametro, compreso tra 1 e 3 metri, e sono tutti, senza eccezione, scavati nella roccia. La loro forma è cilindrica con il fondo sempre più largo della parte superiore. I vasi di pietra non sono decorati, con l'eccezione di un singolo vaso. Questo vaso ha un bassorilievo [...] scolpito all'esterno [...]". Alcune "leggende raccontano di una razza di giganti che abitavano la zona, governati da un re chiamato Khun Cheun [...]". Egli combattè "una lunga battaglia, alla fine vittoriosa, contro il suo nemico [...]" e creò tali monumenti "per celebrare la sua vittoria". "Un'altra spiegazione suggerita per l'uso dei vasi è quella di raccogliere l'acqua piovana per i viaggiatori [...]".

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    Da ricordare che l'Età del Ferro (come quella del Bronzo e del Rame) varia cronologicamente da zona geografica a zona geografica, link.

    [*] E' in genere condivisa una datazione che va più o meno dal 300 a.C. al 300 d.C.: link.

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    "La Piana delle Giare è un territorio comprendente una serie di circa 90 siti archeologici. Si trova nell'altopiano di Xiangkhoang, situato nell'omonima provincia di Xiangkhoang, nel Laos nordorientale. In tali siti sono disseminate centinaia di giare di pietra arenaria che hanno un'altezza variabile tra i 50 cm ed i 3 m. Secondo il primo archeologo che visitò brevemente uno dei siti, le giare furono avvistate da una guardia di confine francese nel 1909. Gli scavi cominciarono nel 1931 e portarono alla luce resti umani ed offerte funerarie. L'archeologa Madeline Colani che diresse i lavori pubblicò un resoconto in cui datava i manufatti ed ipotizzava che fossero urne cinerarie e non contenitori per alimenti o bevande. Tale teoria trovò riscontri nelle successive esplorazioni che scoprirono delle camere funerarie sotterranee in prossimità delle giare. Al centro della piana è stata esplorata una grotta naturale che fu usata come crematorio, grazie a dei fori nella parte superiore che funzionavano da camino. Durante la guerra civile laotiana, la piana fu per anni contesa tra le forze del Pathet Lao, spalleggiate dall'esercito nordvietnamita ed equipaggiate dall'Unione Sovietica, e l'esercito reale laotiano, finanziato dagli Stati Uniti. Nel periodo in cui fu occupata dai ribelli, l'aviazione statunitense sottopose il territorio ad intensi bombardamenti e molte delle bombe inesplose scoppiano tuttora causando lutti alla popolazioni locale. Ora solo 7 dei siti dove si trovano le giare sono stati bonificati dalle bombe ed aperti alle visite turistiche. Il 25 marzo del 1992, il sito è stato ufficialmente sottoposto all'attenzione dell'UNESCO, che lo ha inserito tra le candidature alla lista dei patrimoni dell'umanità".

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    Edited by Francesco Z - 6/10/2015, 10:52
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    "Non si sa molto circa i misteriosi ingranaggi in bronzo del Perù, conosciuti anche come le ruote di bronzo o dischi del Perù [...] Mentre vi sono incredibilmente poche informazioni sugli ingranaggi stessi, c'è un'immagine che mostra in buon dettaglio il loro aspetto".

    Esistono due teorie al riguardo:

    1) sono gli ingranaggi di una macchina;
    2) sono oggetti rituali.

    "Ciò che è impossibile dire dalla foto è la profondità effettiva dei dischi, che sarebbe un'indicazione molto più chiara del loro utilizzo [...] E' stato detto che gli ingranaggi furono menzionati per la prima volta da un professore chiamato Rafael Larco Hoyle nel suo libro Perù, ma non siamo riusciti a trovare una copia di questo libro [...]".

    Fonte: link

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    Rafael Larco Hoyle: link, link, link, link, link

    Perù venne pubblicato per la prima volta nel 1966.
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    2/06/2015. "Il sindaco di Vagli, Mario Puglia, in attesa di conferme da parte di Enel, ha annunciato una sensazionale notizia su Facebook: nell'estate 2016, il celebre lago di Vagli sarà svuotato, riportando alla luce il paese sommerso di Fabbriche di Careggine. Una notizia clamorosa, di vitale importanza per tutta la Valle del Serchio. Il sindaco Puglia ha confermato che quest'evento era nei suoi programmi già da tempo, con la realizzazione del Parco dell'Onore e del Disonore e del ponte tibetano [...] In provincia di Lucca, là dove oggi si trova il lago artificiale di Vagli, esisteva, un tempo, un villaggio chiamato Fabbriche di Careggine, scomparso fra il 1947 e il 1953 a causa della costruzione di una diga; un bellissimo villaggio, con le sue casette di pietra, il piccolo cimitero, il ponte a sella d'asino, la chiesa di San Teodoro e il campanile in rovina. Il paese era stato edificato nel XIII secolo da una colonia di fabbri provenienti da Brescia che scelsero questo sito per lavorare e vivere; sito che, a partire dal 1755, fu dotato di un mulino e beneficiò di numerose agevolazioni sul trasporto dei materiali al fine di promuovere le attività artigianali del luogo [...] Per il fabbisogno dei bacini marmiferi e della zona, fu costruita, negli anni 1906-07, una piccola centrale idroelettrica a valle di Fabbriche. La Società Idroelettrica Selt-Valdarno, attuale Enel, nel 1947 iniziò i lavori di costruzione della grande diga di Vagli, sfruttata per usi idroelettrici e come riserva d'acqua per tutta la zona in caso di incendio. Nel 1947 il villaggio, con 146 abitanti e 31 abitazioni, fu evacuato e gradualmente sommerso dal lago artificiale. L'opera, terminata nel '53, può contenere 36 milioni di metri cubi di acqua. Sotto il lago artificiale riposa il borgo medievale fantasma di Fabbriche di Careggine, la cui popolazione venne trasferita nelle nuove abitazioni di Vagli di Sotto, paese costruito su una collina sovrastante il bacino, in modo da ricalcare fedelmente l'impianto urbanistico dell'antico villaggio ormai sommerso. Il primo svuotamento si è avuto nel 1958, poi nel 1974, nel 1983 e l'ultimo risale al 1994, con un milione di turisti accorsi da tutto il mondo che, complice un'attenzione sviscerata da parte dei media, invase per 6 mesi, senza sosta e inaspettatamente, questa splendida valle. L'ultimo intervento, programmato nel 2004, per motivi tecnici e pratici, è saltato. Nel 1997, invece, si verificò un abbassamento consistente dell'acqua, il quale fece riemergere i resti degli antichi abitati di Piari e Piantano, completamente rasi al suolo dopo la costruzione della diga. In attesa dello svuotamento, che dovrebbe aversi nell'estate 2016, Fabbriche di Careggine, il "paese fantasma", continua a dormire, nascosto nelle spettrali acque del lago".

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    L'Enel ha detto che il bacino di Vagli non sarà svuotato: link

    Edited by Francesco Z - 5/10/2015, 00:35
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    "Nel 1977 Chartles Dent, un pilota statunitense collezionista d'arte e amante della scultura, si entusiasmò all'idea di realizzare dopo cinque secoli il sogno di Leonardo. Mise in piedi l'organizzazione e riuscì, dopo più di quindici anni di impegno, a trovare i fondi: il costo del cavallo, alla fine, arrivò a quasi 2,5 milioni di dollari. L'uomo comunque non riuscì a vedere realizzato il proprio sogno, morendo nel 1994, prima che l'impresa fosse completata. Alla morte di Dent, il progetto stava per essere abbandonato, quando Frederik Meijer, proprietario di una catena di supermercati nel Michigan, si offrì di finanziare il progetto, purchè si fondessero due cavalli: uno per Milano e uno per il Meijer Gardens, un parco naturale e artistico a Grand Rapids (Michigan), proprietà di Meijer, dove sono raccolte all'aperto copie delle statue moderne più celebri. Il progetto è andato avanti fra numerose difficoltà e alla fine la direzione dei lavori è stata data alla scultrice Nina Akamu che ha finalmente condotto in porto l'impresa. Il primo passo è stato quello di realizzare un cavallo di dimensioni ridotte, circa 3 metri di altezza. Questo fu il primo modello per arrivare alla gigantesca scultura in argilla di quasi 8 metri. E' dal cavallo di argilla che sono stati ricavati i calchi dove è stato colato il bronzo fuso. Le sette parti in cui il cavallo era stato fuso arrivarono nel luglio 1999 a Milano dove vennero saldate insieme. Dopo qualche discussione, il cavallo fu posto nel settembre 1999 all'ingresso dell'ippodromo di San Siro. La versione americana del Cavallo di Leonardo venne sistemata nel Meijer Gardens nell'ottobre del 1999 ed è oggi il pezzo più importante dell'esposizione. Una replica in scala ridotta (2,5 metri) fu donata nel 2001 alla città di Vinci e collocata in Piazza della Libertà" (tratto da Wikipedia).

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    Edited by Francesco Z - 4/10/2015, 17:11
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    "Trascorsi i sette giorni, le acque del diluvio vennero sulla terra. Il seicentesimo anno della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo giorno del mese, in quel giorno tutte le fonti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono. Piovve sulla terra quaranta giorni e quaranta notti [...] Il diluvio venne sopra la terra per quaranta giorni, e le acque ingrossarono e crebbero grandemente sopra la terra, e l'Arca galleggiava sulla superficie delle acque. Le acque ingrossarono oltremodo sopra la terra: tutte le alte montagne che erano sotto tutti i cieli furono coperte. Le acque salirono quindici cubiti al di sopra delle vette dei monti, le montagne furono coperte. Perì ogni essere vivente che si moveva sulla terra [...] E le acque rimasero alte sopra la terra per centocinquanta giorni. Poi Dio si ricordò di Noè, di tutti gli animali e di tutto il bestiame che era con lui sull'Arca; e Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono, le fonti dell'abisso e le cateratte del cielo furono chiuse, e cessò la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi di sulla terra, e alla fine di centocinquanta giorni cominciarono a diminuire. Nel settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, l'Arca si fermò sulle montagne dell'Ararat".

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    Il team non volle rivelare dov'era situato il luogo della presunta scoperta, impedendo di fatto gli opportuni controlli e verifiche. La vicenda fu archiviata come hoax e non se n'è più sentito parlare.

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    L'Ararat, il sito di Durupinar e l'Arca di Noè: link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link

    Il Corano afferma che l'Arca di Noè (Nùh) "si arrestò [posò] sul Judi" (XI, 43-44).

    "E fu detto: "O terra, inghiotti le tue acque; o cielo, cessa!". Fu risucchiata l'acqua, il decreto fu compiuto e quando [l'Arca] si posò sul [monte] al-Judi fu detto: "Scompaiano gli empi".

    Dove si trova? Si ipotizza che si tratti dell'Ararat, oppure di qualche rilievo del Kurdistan o dell'Arabia.

    "El Judi viene riportato come uno dei picchi dell'Ararat. La nostra guida disse che El Judi si trovava nella zona nord-est dell'Ararat, difficilmente raggiungibile. Secondo il nostro studio, nel capitolo 4, El Judi potrebbe essere una collina o un picco di una grande montagna [...] Nel 1970 mi recai [...] al Centro islamico di Washington DC per cercare alcune informazioni sul Corano. Il curatore del centro, Henry Youssef Ahmed Abadi, mi fece vedere che un libro sosteneva che "Jebel Judi" era un picco di Masis, il monte Ararat. Il curatore mi disse altresì che Judi risulta essere Cudi - Kudi - Kurdi. Così il ritrovamento dell'Arca sull'Ararat risulterebbe la fonte degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani".

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    Durupinar e il monte Judi: link, link, link, link, link, link, link, link, link, link, link

    "Il Durupinar è una grande struttura aggregata al monte Tendurek della Turchia orientale. Il sito si trova a 3 chilometri a nord del confine con l'Iran [...] e diciotto miglia a sud della vetta del Grande Monte Ararat [...] La dimensione e la forma della struttura ha portato alla sua promozione, da parte di alcuni credenti, come Arca di Noè originale. Tuttavia ci sono scienziati e creazionisti tradizionali che credono che questa è solo una interessante formaziona naturale. Il sito è vicino a diversi picchi ufficialmente senza nome, anche se i locali chiamano una delle vicine cime monte Judi [...] nel Corano [...] l'ultima dimora dell'Arca di Noè".

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    Edited by Francesco Z - 1/2/2016, 09:59
  12. .
    CITAZIONE
    Le ossa di almeno quattro persone [...] erano state rinvenute diversi anni fa in Cina [...] un nuovo "tassello" all'albero genealogico

    Interessante.



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    "Anche se le caratteristiche fisiche [...] suggeriscono che essi possono essere una specie mai scoperta della Preistoria umana, gli scienziati che li hanno scoperti sono restii a classificarli come una nuova specie. Chis Stringer, del Museo di Storia Naturale di Londra, ha suggerito che potrebbero essere il risultato di accoppiamento tra Denisovians e gli esseri umani moderni. Altri scienziati sono scettici, suggerendo che le caratteristiche uniche rientrano tra le variazioni previste per le popolazioni umane. I tentativi di estrarre DNA sono stati finora senza successo, ma proseguono. Quando sarà fatto, sarà possibile determinare la relazione tra questo gruppo e altri esseri umani moderni".

    Fonte: link

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  13. .
    Dalla Preistoria, facciamo un salto nell'antica Roma:

    "Mentre si prendevano gli auspici a Lavinio [...] A Preneste fu vista una fiaccola ardente in cielo e tuonò a ciel sereno"(Giulio Ossequente).

    "A Tarquinia si vide una fiaccola ardente improvvisamente scendere. Al calare del sole si vide un oggetto circolare simile a uno scudo dirigersi da ovest a est" (Giulio Ossequente).

    "Giulio Ossequente [...] è stato uno storico romano del IV secolo. Nella sua opera, Libro dei prodigi, descrive eventi anomali avvenuti a Roma e nei suoi dintorni, definiti prodigia [...] Gli eventi vengono descritti in regolare ordine cronologico, utilizzando la lista dei consoli. L'opera venne stampata per la prima volta a Venezia, da Aldo Mabuzio, nel 1508, in un'edizione ricavata da un manoscritto rinvenuto e copiato in Francia dall'umanista Giovanni Giocondo di Verona e andato perduto".

    Fonte: link

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    " ... Furono vedute in cielo immagini di navi ..." [...] Lo storico romano, vissuto nel IV secolo, ha raccolto in una sola opera, il Libro dei prodigi (De prodigiis), eventi anomali avvenuti a Roma e dintorni in epoche così lontane che è difficile trovare riscontri. Per i romani il "prodigio" veniva letto come evento straordinario con funzione di anticipazione della realtà. Tra i prodigi possiamo ritrovare calamità naturali, epidemie, eclissi, ma anche descrizioni più enigmatiche, considerate in ogni caso come manifestazione del favore o della collera divina. Il compito dei sacerdoti era cercare di interpretare questi segni premonitori per non farsi trovare impreparati. Tra gli eventi alcuni sono incredibilmente evocativi. Dell'opera ci è giunta la parte tra il 249 a.C. ed il 12 a.C. Gli eventi vengono descrittin in regolare ordine cronologico, utilizzando la lista dei consoli [...] Le fonti da cui Ossequente prende le sue storie sono le più varie, alcune inevitabilmente sconosciute, altre più note come l'opera [...] di Tito Livio. Nel libro dei prodigi si possono riconoscere alcuni fenomeni tipicamente atmosferici come fulmini, semplici o globulari, cirrostrati e cirrocumuli, tempeste, incendi e fasi lunari. Contestualizzati nel pensiero dell'epoca fortemente influenzato da religiosità basata sull'elemento naturale, questi accadimenti vengono riletti come segni del cielo, premonizioni e fatti inspiegabili. Oggi la scienza ci ha dimostrato la normale routine di questi episodi. Esistono però altri passaggi più complicati, che non sono assimilabili a fattori naturali e che è giusto analizzare".

    Fonte: link

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    Torna alla mente Astronavi sulla Preistoria (1972) di Peter Kolosimo (1922-1984): link, link. Discutibile e datato fin che si vuole, è tuttavia un classico del genere.

    Edited by Francesco Z - 3/10/2015, 16:47
  14. .
    Il principale autore dei falsi reperti fu un certo James Scotford, pittore di insegne abitante a Edmore, nel Michigan.

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  15. .
    Gli automi del Settecento: link



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    Edited by Francesco Z - 2/10/2015, 23:40
143 replies since 29/7/2015
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