Il mistero del Passo Djatlov

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Are You Ready?

    Group
    Amministratore
    Posts
    8,891
    Location
    Ospizio

    Status
    Offline

    1959_0002



    La notte del 2 febbraio 1959, nove escursionisti perirono nella parte settentrionale degli Urali. Il fatto avvenne sul versante orientale del Cholat Sjachl che in Mansi (dalla lingua parlata dall’antico popolo delle steppe) significa montagna dei morti. Il passo montano scena dei fatti è stato da allora rinominato passo di Djatlov, dal nome del capo della spedizione, Igor' Djatlov. La violenta ed improvvisa morte dei nove escursionisti ha provocato la nascita di molte congetture in merito. Investigatori sovietici stabilirono che le morti erano state provocate da "una irresistibile forza sconosciuta". Dopo l'incidente la zona fu interdetta per tre anni agli sciatori e a chiunque altro intendesse avventurarcisi. Lo svolgimento dei fatti resta tuttora non chiaro anche per l'assenza di sopravvissuti. Chi fece le indagini all'epoca stabilì che gli escursionisti avevano lacerato la loro tenda dall'interno, allontanandosi a piedi nudi nella neve alta e con una temperatura esterna proibitiva (probabilmente attorno ai −30 °C). Nonostante i corpi non mostrassero segni esteriori di lotta, due delle vittime avevano il cranio fratturato, due avevano le costole rotte e a una mancava la lingua. Sui loro vestiti fu riscontrato un elevato livello di radioattività, altre fonti invece ridimensionano fortemente la contaminazione degli abiti, datandola anteriormente alla spedizione. Il gruppo, guidato da Igor Djatlov, era composto da otto uomini e due donne; la maggior parte di loro erano studenti e neolaureati dell'Istituto Politecnico degli Urali, ora Università Tecnica di Stato degli Urali.

    tumblr_mcqjzalpev1r3q7iqo1_500



    I componenti erano:
    Igor Alekseevič Djatlov, capospedizione, 13/1/1936
    Zinaida Alekseevna, 12/1/1937
    Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, 11/1/1936
    Aleksandr Sergeevič Kolevatov, 16/11/1934
    Rustem Vladimirovič Slobodin, 11/1/1936
    Jurij Alekseevič Krivoniščenko, 7/2/1935
    Jurij Nikolaevič Dorošenko, 12/1/1938
    Nikolaj Vasil'evič Vladimirovič, 5/6/1935
    Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, 2/2/1921
    Jurij Efimovič Judin, 1937
    L'obiettivo della spedizione era raggiungere l'Otorten, un monte che si trova 10 chilometri più a nord rispetto al punto in cui avvenne l'incidente. Il percorso scelto, in quella stagione, era valutato di III categoria, vale a dire la più difficile. Tutti i membri della spedizione avevano alle spalle esperienza sia di lunghe escursioni sugli sci che di spedizioni di montagna. Il gruppo arrivò il 25 gennaio in treno a Ivdel', una cittadina che si trova al centro della parte settentrionale della oblast' di Sverdlovsk. Andarono quindi fino a Vižaj, l'ultimo insediamento abitato prima delle zone che intendevano esplorare - a bordo di un camion. Il 27 gennaio si misero in marcia da Vižaj verso l'Otorten. Il giorno seguente uno di loro, Jurij Judin, fu costretto a tornare indietro a causa di un'indisposizione. A questo punto il gruppo si componeva di nove persone.

    73fb605d5d08ec0c0ada6233e56c39a3



    I diari e le macchine fotografiche ritrovati attorno al loro ultimo campo rendono possibile ricostruire il percorso della spedizione fino al giorno precedente all'incidente. Il 31 gennaio il gruppo arrivò sul bordo di un altopiano e iniziò a prepararsi per la salita. In una valle boscosa depositarono il cibo in eccesso e l'equipaggiamento che sarebbe dovuto servire per il viaggio di ritorno. Il giorno dopo, il 1º febbraio, gli escursionisti cominciarono a percorrere il passo. Sembra che avessero progettato di valicare il passo e accamparsi per la notte successiva dall'altro lato, ma a causa del peggioramento delle condizioni climatiche, che scaturì nell'inizio di una tempesta di neve, la visibilità calò di molto e persero l'orientamento, deviando verso ovest, verso la cima del Cholat Sjachl. Quando capirono l'errore commesso, decisero di fermarsi e accamparsi dove si trovavano, sul pendio della montagna, probabilmente in attesa del miglioramento delle condizioni climatiche. Era stato precedentemente concordato che, non appena fossero rientrati a Vižaj, Djatlov avrebbe telegrafato alla loro associazione sportiva. Si pensava che questo sarebbe dovuto accadere non più tardi del 12 febbraio, ma anche quando tale data era trascorsa senza che fosse giunto alcun messaggio, nessuno reagì in quanto un ritardo di qualche giorno in simili spedizioni era una cosa piuttosto normale. Solo quando i parenti degli escursionisti chiesero che fossero organizzati dei soccorsi, il capo dell'istituto mandò un primo gruppo di soccorso composto da studenti e insegnanti volontari: era il 20 febbraio. In seguito vennero coinvolti anche la polizia e l'esercito, ai quali fu ordinato di partecipare alle ricerche utilizzando aeroplani e elicotteri.

    f1d90b85df37dc93ace412b56d7eb208



    Il 26 febbraio fu ritrovata la tenda abbandonata sul Cholat Sjachl. La tenda era molto danneggiata e da questa si poteva seguire una serie di impronte che si dirigevano verso i boschi vicini (sul lato opposto del passo, circa 1,5 km a nord-est) ma dopo 500 metri scomparivano nella neve. Sul limitare della foresta, sotto un grande cedro, la squadra di ricerca trovò i resti di un fuoco, insieme ai primi due corpi, quelli di Jurii Krivoniščenko e Jurij Dorošenko, entrambi scalzi e vestiti solo della biancheria intima. Tra il cedro e il campo furono ritrovati altri tre corpi — Djatlov, Zina Kolmogorova e Rustem Slobodin morti in una posizione che sembrava suggerire che stessero tentando di ritornare alla tenda. I corpi erano lontani l'uno dall'altro, rispettivamente alla distanza di 300, 480 e 630 metri dall'albero di cedro. I quattro escursionisti rimasti furono cercati per più di due mesi. Vennero infine ritrovati il 4 maggio, sepolti sotto quattro metri di neve in una gola scavata da un torrente all'interno del bosco sul cui limitare sorgeva il cedro. Dopo il ritrovamento dei primi cinque corpi partì immediatamente un'inchiesta legale. Un primo esame medico non trovò lesioni che avrebbero potuto condurre i cinque alla morte e si concluse così che fossero deceduti per ipotermia. Il corpo di Slobodin aveva una piccola frattura cranica, giudicata però non così grave da poter essere letale.L'autopsia dei quattro corpi trovati in maggio complicò il quadro della situazione: il corpo di Thibeaux-Brignolle aveva una grave frattura cranica e sia la Dubinina che Zolotarev avevano la cassa toracica gravemente fratturata. Secondo il dottor Boris Vozrozhdenny la forza richiesta per provocare fratture simili era estremamente elevata, la paragonò alla forza sviluppata da un incidente stradale. Da notare che i corpi non mostravano ferite esterne, come se fossero stati schiacciati da una elevatissima pressione e la donna era inoltre priva della lingua. In realtà sia i traumi che la "sparizione" della lingua possono essere facilmente spiegati: la gola dove vennero trovati era sufficientemente profonda per provocare danni di quell'entità in caso di caduta e l'intervallo di tempo trascorso tra la morte ed il ritrovamento dei corpi favorì la decomposizione di questi ultimi come ben visibile dalle foto scattate dai soccorritori.
    Inizialmente si suppose che gli indigeni Mansi potevano aver attaccato e ucciso gli escursionisti per aver invaso il loro territorio, ma le indagini mostravano che la natura delle morti e la scena ritrovata non supportavano tale tesi; le impronte degli escursionisti, soli, erano ben visibili e i corpi non mostravano alcun segno di colluttazione corpo a corpo. Anche se la temperatura era molto rigida (tra i -25° e i -30°) con una tempesta di neve che infuriava, i corpi erano solo parzialmente vestiti. Alcuni avevano solo una scarpa, altri non le avevano affatto o indossavano solo i calzini. Una spiegazione a questo potrebbe essere data da un comportamento chiamato undressing paradossale che si manifesta nel 25% dei morti per ipotermia. In tale fase, che tipicamente si verifica nel passaggio tra uno stato di ipotermia moderato a uno grave mentre il soggetto diventa disorientato confuso e aggressivo, si tende a strapparsi i vestiti di dosso avvertendo una falsa sensazione di calore superficiale e finendo così per accelerare la perdita di calore corporeo. Dal momento che alcuni corpi vennero ritrovati avvolti in pezzi di vestiti stracciati non appartenenti a loro, si ipotizza che essi vennero tolti ai rispettivi appartenenti dopo la morte, in maniera tale da permettere ai sopravvissuti di coprirsi meglio. Dei giornalisti riportarono le parti accessibili del fascicolo dell'inchiesta che dicevano che: Sei membri del gruppo erano morti per ipotermia, mentre gli altri tre per una combinazione di ipotermia e traumi fatali. Non esistevano tracce della presenza di altre persone nella zona né nelle areee circostanti. La tenda era stata lacerata dall'interno. Le tracce che partivano dal campo suggerivano che tutti i membri lo avessero lasciato di comune accordo, a piedi. Le vittime erano morte tra le sei e le otto ore dopo aver consumato l'ultimo pasto. A confutazione della teoria di un attacco da parte dei Mansi, il Dottor Boris Vozrozhdenny affermò che i traumi fatali dei tre corpi non potevano essere stati provocati da un altro essere umano, "perché la potenza dei colpi era stata troppo forte e al contempo non aveva danneggiato alcun tessuto molle". Analisi forensi avevano mostrato che i vestiti di alcune delle vittime presentavano alti livelli di contaminazione radioattiva. Il verdetto finale fu che i membri del gruppo erano tutti morti a causa di una irresistibile forza sconosciuta. L'inchiesta fu ufficialmente chiusa nel maggio 1959 per assenza di colpevoli. Secondo alcune fonti i fascicoli furono mandati in un archivio segreto e le fotocopie del caso, con alcune parti comunque mancanti, furono rese disponibili solo negli anni novanta, ma altre smentiscono totalmente questi fatti, affermando che il caso non venne mai classificato e che le parti mancanti consistevano in una busta all'interno della quale c'era solo della comune corrispondenza. Nel 1967, lo scrittore e giornalista di Sverdlovsk Yuri Yarovoi pubblicò il romanzo Высшей категории трудности “Al più alto livello di complessità” ispirato all'incidente. Yarovoi aveva partecipato sia alle ricerche del gruppo guidato da Djatlov che all'inchiesta, con il ruolo di fotografo ufficiale della campagna di ricerca e della fase iniziale delle investigazioni accumulando così una conoscenza profonda degli eventi. Il libro fu scritto in epoca sovietica, durante la quale i dettagli dell'incidente erano mantenuti segreti, e Yarovoi evitò quindi di di aggiungere dettagli che andassero oltre le versioni ufficiali e i fatti notori. Nel libro l'incidente veniva romanzato e c'era un finale molto più addolcito rispetto ai fatti reali, in quanto solo il leader del gruppo veniva trovato morto. Alla morte di Yarovoi, avvenuta nel 1980, tutto il suo archivio, contenente foto, diari e manoscritti, è andato perduto. Alcuni dettagli della tragedia sono stati resi pubblici nel 1990 in alcuni articoli e discussioni apparsi sulla stampa locale di Sverdlosk. Uno degli autori fu il giornalista Anatoly Guschin. Gushin scrisse che ufficiali di polizia gli avevano accordato permessi speciali per studiare il fascicolo originale dell'inchiesta e usare tale materiale nelle sue pubblicazioni. Riassunse i suoi studi nel libro Цена гостайны - девять жизней “ Il prezzo dei segreti di stato è di nove vite” Altri ricercatori criticarono il testo per il fatto che si concentrava sulla rischiosa teoria della "sperimentazione di arma segreta sovietica". Nel 2000 una rete televisiva regionale girò il documentario Тайна Перевала Дятлова “Il mistero del passo Djatlov”. Con l'aiuto della troupe del documentario, una scrittrice di Ekaterinburg Anna Matveyeva, pubblicò un romanzo/saggio con lo stesso titolo. Nonostante il suo carattere di testo di narrativa, il libro della Matveyeva resta la maggior fonte di materiale documentale disponibile al pubblico riguardo all'incidente.
    A Ekaterinburg è stata creata la Fondazione Djatlov, con l'aiuto dell'Università tecnica statale degli Urali guidata da Yuri Kuntsevitch. Lo scopo della fondazione è convincere le autorità russe a riaprire il caso e di sostenere il Museo Djatlov per perpetuare il ricordo degli escursionisti scomparsi.
    Recentemente è uscito un film riguardante la tragedia, che piuttosto fedelmente ne narra i tragici fatti, schiacciando l’occhiolino agli esperimenti fatti dagli americani nel più famoso e conosciuto “Philadelphia Experiment”
    QUI il link del film.




    Edited by The Old Man - 27/4/2014, 22:04
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Are You Ready?

    Group
    Amministratore
    Posts
    8,891
    Location
    Ospizio

    Status
    Offline
    C'e forse una nuova teoria: L’americano Donnie Eichar -regista, produttore e autore per cinema e tv - ha una nuova teoria che spiegherebbe tutto. Incapparono in una tremenda tempesta e che tormente come quella possono generare anche una gran quantità di infrasuoni (il contrario degli ultrasuoni) che, non udibili dagli uomini, sono capaci di avere effetti sul corpo umano: le vibrazioni prodotte da queste particolari onde sonore causano perdita del sonno, mancanza di respiro e, soprattutto, un panico indicibile e incontrollabile. Un terrore che, amplificato dal buio della notte e dal frastuono dei tornado, avrebbe insomma portato i nove ragazzi alla follia. E poi alla morte.

    LINK Corriere.it

     
    .
  3. FoxMulder91
     
    .

    User deleted


    Una teoria che per quanto insolita, sembra tuttavia dare una parvenza di spiegazione scientifica all'accaduto. Molto interessante Old, non sono da sottovalutare le conseguenze delle onde sonore.
     
    .
  4. AlieNiko
     
    .

    User deleted


    Uno dei ragazzi presentava la cassa toracia schiacciata, il peso del manto nevoso? E la mancanza della lingua è un altro elemento inquietante. Tuttavia ho letto anche io non molto tempo fa l'ipotesi degli infrasuoni, pur non convincendomi del tutto fino ad ora sembra la teoria più logica o per lo meno più coerente di quelle date in passato e parlo delle teorie scientifiche che risultavano più bizzarre di quelle che volevano come causa scatenante mostri, ufo o altre attività paranormali.
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Are You Ready?

    Group
    Amministratore
    Posts
    8,891
    Location
    Ospizio

    Status
    Offline
    Ne hanno fatto anche un film.
     
    .
  6. AlieNiko
     
    .

    User deleted


    Non lo sapevo, titolo? Anno?
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Are You Ready?

    Group
    Amministratore
    Posts
    8,891
    Location
    Ospizio

    Status
    Offline
    Dyatlovpass (LINK)

    Però il titolo del film è americanizzato in Devil's pass

    locandina

    Video



    Edited by The Old Man - 6/6/2016, 17:01
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Member
    Posts
    242

    Status
    Offline
    Quei poveretti morirono vicino ai fianchi di un monte dalla fama sinistra: il Cholatcachl.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Cholat%C4%8Dachl%27, http://virtualglobetrotting.com/map/dyatlo...te/view/google/

    Un'inquietante coincidenza.
     
    .
  9. AlieNiko
     
    .

    User deleted


    Un corposo seppur grottesco documentario sull'ipotesi che si sia trattato dell'attacco di uno yeti (buona visione)

    Video
     
    .
8 replies since 22/9/2013, 18:15   1253 views
  Share  
.