Nel tempio dei sette pianeti

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    La città ermetica

    Le rovine di Harran, l’antica Carrae, si trovano a circa 40 Km dalla città di Sanliurfa - Edessa, nella turchia Sud-orientale.
    Una alta torre di pietra domina il vasto cratere di rovine , visibile da molti chilometri di distanza nel mezzo della piana desertica. E’ tutto ciò che resta di quello che fu per lunghi secoli uno dei maggiori centri della tradizione esoterica di oriente e occidente. Fondata secondo una leggenda da Nimrod, il biblico costruttore della torre di Babele, era già un centro fiorente nel II millennio a.C. Nabonido di Babilonia arricchì e ingrandì considerevolmente il tempio del Dio luna Sin, facendone uno dei maggiori santuari del vicino oriente.

    In età classica, la città dovette beneficiare di un lungo periodo di prosperità dovuto al suo ruolo di cuscinetto tra il mondo partico e romano, punto di incontro di oriente e occidente dove confluivano merci e carovane da ogni parte dell’Asia e del Medio oriente. Davanti alle sue mura si compirono almeno due tragici eventi della storia romana, la disfatta di Crasso e la morte di Carcacalla, assassinato sulle porte del tempio della luna.

    Harran, grazie alla sua posizione privilegiata, rimase in larga parte immune alla diffusione del cristianesimo e alle persecuzioni anti-pagane che seguirono agli editti di Teodosio (389 d.C.) e Giustiniano (529 d.C.). Anche per questo la città divenne un rifugio sicuro per le scuole filosofiche e le numerose sette gnostiche e neo-platoniche perseguitate nelle altre parti dell’impero dopo la chiusura dei templi e la distruzione del serapeo di Alessandria.
    Secondo lo storico del IV secolo Libanio “al centro della città di Carrae vi era un tempio magnifico, considerato da molti l’equivalente del Serapeo di Alessandria...Su questo tempio vi era una torre che era anche usata come posto di guardia poiché dalla sua cima si poteva vedere tutta la piana di Carrae. Ma quando il prefetto del pretorio Cinegio ordinò la chiusura dei templi pagani in Siria ed Egitto, questo tempio di Carrae fu distrutto in parte e gli idoli portati via o distrutti”. Nonostante questo episodio, ancora agli inizi del V secolo la badessa Egeria riferiva di non avere trovato neppure un solo cristiano in tutta la città di Harran (“sed totum gentes sunt...”). Gli edifici pagani vennero anzi ricostruiti, e l’intera città dotata di un impianto chiaramente ermetico.

    I sette cancelli planetari della città erano dedicati ognuno a un diverso pianeta (Sole, luna – considerati alla stregua di pianeti – mercurio, marte, venere, giove e saturno), dotati di immagini magiche e talismani. Come la città di Adocentyn descritta nel Picatrix – la mitica città del Sole della tradizione ermetica – la città di Harran era modellata sulle influenze planetarie e di pianta circolare, con sette porte e un grande tempio posto al centro del sistema come il Sole al centro dell’universo.

    Con la conquista araba, la città divenne uno dei maggiori centri dell’ermetismo. La raccolta del Corpus hermeticum e la stesura di fondamentali trattati ermetici come il Picatrix vennero verosimilmente completate ad Harran nel corso del medioevo islamico. Nemmeno con la conquista araba le antiche pratiche e i culti pagani vennero abbandonati, tanto che durante il califfato di Al Mam’un, nel 820 d.C., ancora venivano celebrati ad Harran grandi sacrifici pubblici. Per sfuggire alle persecuzioni, gli abitanti di Harran si definirono Sabei, uno dei “popoli del libro” posti sotto la protezione coranica insieme ad ebrei e cristiani, adottando come proprio libro sacro proprio il corpus hermeticum, attribuito all’autorità di Ermete Trismegisto.
    I Sabei di Harran definivano se stessi dal copto Saba’ia, che significa “il popolo delle stelle”, retaggio dell’antica religione astrale e dei culti planetari di Harran. In quanto “popolo delle stelle” si recavano in lunghi pellegrinaggi annuali alle piramidi, che consideravano i primi templi dedicati ai pianeti e in cui riconoscevano le tombe di Ermete Trismegisto e Agathodaimon.
    Questa strana fusione di antichissimi culti astrali, teologia babilonese, magia caldea ed ermetismo alessandrino diede vita a una delle prime università del mondo – fondata forse già alla metà del VII secolo – facendo di Harran il maggiore faro del pensiero scientifico e filosofico del medioevo arabo. Ancora nel 943 d.C. lo storico arabo Al Mas’udi poteva leggere la monumentale iscrizione siriaca sulle porte del maggiore tempio di Harran “Conosci te stesso per diventare Dio

    Il declino della città iniziò nel VIII secolo, quando perse il rango di capitale del califfato Omayyade acquisito sotto Marwan II, ruolo che dovette abdicare nel 762 in favore di Baghdad con l’avvento della nuova dinastia Abbasside. Nel 1259 la città venne infine distrutta e rasa al suolo dai mongoli . Gli abitanti superstiti ripararono nelle vicine città di Mardin, Edessa e Mosul, che offrivano migliori opportunità di difesa. Dopo essere stata uno dei maggiori centri del vicino oriente per migliaia di anni, Harran venne completamente abbandonata e mai più ricostruita.
    In mezzo allo sterminato cratere di rovine che copre il sito della città antica, è difficile riconoscere una traccia dello splendore e della grandezza di un tempo. La grande città ermetica giace in rovina, sepolta dalla sabbia e dalla polvere. Gli unici edifici riconoscibili, oltre alla grande torre che doveva essere già parte del tempio del dio Luna Sin, sono le vaste rovine dell’università e della grande moschea di Marwan II e l’imponente castello rinforzato da Saladino a Sud della città.

    Diverse ipotesi sono state formulate sulla collocazione del maggiore tempio di Harran, che le fonti antiche descrivono altrettanto splendido del Serapeo di Alessandria d’Egitto. L’ipotesi più plausibile è che il tempio occupasse il sito della grande moschea, il cui perimetro quadrangolare ricalca forse quello dell’antico temenos di cui la torre astronomica rimane l’unica testimonianza. Scavi condotti a metà degli anni ’50 nel cortile della grande moschea rivelarono un grande numero di stele neo-babilonesi riutilizzate nelle fondazioni e come soglie di porta, tra cui alcune monumentali iscrizioni databili al regno di Nabonido.
    La strana struttura di alcune torri incorporate nella fortezza a Sud fa pensare che anche queste abbiano avuto origine da un precedente luogo di culto dedicato ai pianeti.
    L’elemento più distintivo della città antica rimane comunque la grande torre astronomica, che deriva la sua funzione dall’osservazione degli astri praticata già in età caldea e babilonese. Diversi autori hanno sottolineato la corrispondenza tra numerosi elementi del paesaggio di Harran e le raffigurazioni degli arcani maggiori dei Tarocchi, anch’essi di probabile origine araba. Almeno due carte dei Tarocchi – le cui raffigurazioni sono profondamente legate alla tradizione ermetica neo-platonica – farebbero riferimento ad elementi reali dei dintorni di Harran: la Torre colpita da un fulmine, in particolare, presenta notevoli analogie con la grande torre quadrata al centro della città “ermetica” di Harran; mentre la carta della Luna che sorge tra due pilastri richiama i pilastri della conoscenza eretti prima del diluvio e riprodotti sulla sommità dell’acropoli di Edessa...
     
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11 replies since 3/6/2012, 21:46   1595 views
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