Leggendo qua e la'...

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  1. Stunner
     
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    CITAZIONE (maia @ 3/10/2005, 21:17)
    nell'eta' neolitica si praticava la

    "trapanazione cranica " user posted image

    a scopo magico e terapeutico.ancora oggi e' praticata da diverse tribu' africane che si trovano allo stadio neolitico.
    se qualcuno accusava per esempio ripetuti mal di testa e magari rompeva pure le scatole,oppure aveva qualche crisi isterica,gli facevano un bel buchetto nel cranio per far uscire gli spiriti maligniuser posted image.e sicuro,gli spiriti maligni se ne andavano per sempre,perche' quello rimaneva per sempre...scemo

    ma come facciamo a sapere che qualcuno sopravviveva dopo ...l'intervento?perche' alcuni crani ritrovati recano tracce di callo osseo che si e' formato intorno al buco durante la guarigione.
    il piu' antico cranio trovato di uomo sopravvissuto risale a 5000 anni fa.
    il soggetto riportava tracce di diversi interventi,come dimostra la rigenerazione dell'osso cranico.


    TROGLODITA:indica l'uomo preistorico o primitivo che abita nelle caverne MA indica anche la gente colta e incivile

    in grecia veniva chiamato "troglodytes" anche un animale che si infila dentro un buco(dyein significa entrare e trogle buco),ma non sappiamo se lo usassero anche per le persone

    è la cosa che si vede nel film "la vera storia di jack lo squartatore?"
     
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  2. maia
     
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    forse non ricordo il particolare ora.cosa si vede nel film?
     
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  3. maia
     
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    leggendo qua e la...alcuni curiosi cartelli stradali
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    qui' tantissimi altri
    http://www.focus.it/community/hp_contr.asp...=Data&IDFF=4633
     
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  4. LoganGR
     
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    CITAZIONE (maia @ 3/10/2005, 23:39)
    forse non ricordo il particolare ora.cosa si vede nel film?

    venivano applicati dei fori con un martello e uno speciale scalpello, per la precisione tre, in questo modo si rendeva la persona completamente deficente,inibendo tre parti fondamentali del cervello, senza arrecare danno alla vita del soggetto.

    era un'operazione per "curare" la demenza.

    credo che sia questo che intende
     
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  5. maia
     
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    la conoscete?si chiama "Dendrobates azureus" e vive in Sud America.si ciba di piccoli grilli ed altri insetti e 'il suo bellissimo colore serve anche per avvisare i nemici che e' molto velenosa.gli indigeni la catturano e usano il veleno per metterlo nelle punte delle frecce
     
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  6. maia
     
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    ho visto in tv la manifestazione di molte donne donne messicane che chiedevano alle autorita' "almeno "di indagare sui misteriosi omicidi di almeno 4000 giovani donne...


    MESSICO: OMICIDI DONNE, ORRORE CONTINUA A CIUDAD JUAREZ/ANSA OLTRE 300 VITTIME IN DIECI ANNI ALLA FRONTIERA CON TEXAS (di Marco Brancaccia)

    CITTA' DEL MESSICO, 16 LUG - Orrore senza fine alla frontiera tra Messico e Stati Uniti. Il cadavere di una giovane donna, scomparsa di casa due mesi fa, è stato scoperto dalla polizia messicana in una zona desertica alla periferia di Ciudad Juarez, al confine con il Texas, dove negli ultimi dieci anni sono state rapite, stuprate, torturate e uccise oltre 300 donne.
    Una fonte della polizia ha rivelato che la macabra scoperta è stata compiuta da due ragazzi nella Sierra Nombre de Dios, non lontano da dove sono stati rinvenuti in passato almeno una dozzina di cadaveri di donne.
    Secondo la fonte, i resti apparterrebbero a Neyra Azucena Cervantes, una diciottenne scomparsa dalla sua casa di Chihuahua nel maggio scorso. La madre della vittima ha riconosciuto un anello e i brandelli dei vestiti ritrovati accanto al cadavere, che era stato sezionato in tre tronconi.
    A Ciudad Juarez, centinaia di giovani donne sono state rapite, torturate e uccise dal 1993 e i loro corpi sono stati rinvenuti in zone desertiche alla periferia della città di frontiera. Secondo il ministero della Giustizia le vittime sono 258, ma per le Ong locali la cifra è superiore a 300.
    Il mese scorso, gli investigatori hanno rivelato che tre cadaveri rinvenuti nel febbraio 2003 erano privi di alcuni organi e che quindi ha preso consistenza l'ipotesi che dietro almeno alcuni degli omicidi si possa celare un traffico di organi umani.
    La Commissione nazionale per i diritti umani ha accolto con scetticismo l'ipotesi del traffico di organi e ha criticato la polizia locale per «l'inefficenza» dimostrata nelle indagini.
    Secondo l'ex agente dell'Fbi Robert Kessler gli autori degli omicidi di donne potrebbero essere serial killer statunitensi che attraversano il confine per compiere i loro crimini.
    L'Fbi, la polizia federale americana, che indagò a lungo a Juarez ma con scarsi risultati, ipotizzò invece che le giovani donne erano rimaste vittime dei narcotrafficanti del'cartello di Juarez', uno dei più sanguinari del Messico, che controlla anche il racket della prostituzione.
    Carlos Vega, vice ministro della Giustizia messicano, ha annunciato il mese scorso l'apertura di un nuovo filone d'indagini, che coinvolge militari statunitensi di stanza nella caserma di Fort Bliss, da dove è partito un nutrito contingente per la guerra in Iraq.
    Vega ha detto che la magistratura indaga anche sul possibile coinvolgimento negli omicidi di militari statunitensi, oltre che sulle piste già battute del traffico di organi, delle sette sataniche, dello sfruttamento della prostituzione e del serial killer.
    «La base militare statunitense è vicino Ciudad Juarez e numerosi soldati visitano il Messico durante il fine settimana», ha detto Vega, precisando che «al momento gli investigatori seguono 12 o 13 piste».
    «Stiamo indagando per ricostruire quello che è successo a Juarez negli ultimi dieci anni», ha detto Vega.
    Gli omicidi di Ciudad Juarez sono stati condannati dall'Organizzazione per gli stati americani (Osa) e dall'Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite.
    Il presidente Vicente Fox ha più volte ribadito l'impegno del suo governo «a fare piena luce sugli omicidi e a garantire la sicurezza delle donne» di Ciudad Juarez.
    Il subcomandante Marcos, leader dell'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), ha detto che tali crimini sono il prodotto «di una attitudine razzista, maschilista e classista della classe di governo», in quanto le vittime «sono tutte operaie, giovani e povere». (ANSA).

     
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  7. maia
     
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    gli antichi erano in grado di realizzare protesi per sostituire arti mancati ed erano ottimi dentisti...non oso pensare alle sofferenze che subivano i pazienti che decidevano di farsi...sistemare i denti :152rk.gif:
    meglio la morte :152rk.gif: :152rk.gif:

    protesi di El Qatta.risale all'antico regno.per realizzare il ponte sono stati utilizzati fili d'oro
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    molari di Gize risalenti al 3000-2500 a.C.
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    ponte trovato a Sidone,antica Fenicia.risale al quarto sec.a.C
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    dentiera etrusca con denti artificiali(questo,sicuramente,era piu' brutto di Dracula :172fi.gif: )
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    questa e' stata trovata in Honduras.ha 3 pezzi di conchiglia al posto di incisivi(questo era un masochista...)
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    perni
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    dentiera di legno buddista :205dk.gif:
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    .....sicuramente era usata solo per ..."bellezza" :80tb.gif:

    Edited by maia - 17/6/2006, 13:38
     
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  8. maia
     
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    Chi era Lady Godiva?user posted image











    una pornostar?









    a questo punto volevo mettere la figuretta di una donnina sexy...ho trovato di tutto e di piu'.......... ci ho rinunciato







    comunque...
    Lady Godiva e' vissuta nell'XI sec. ed era la moglie di Leofric,conte di Mercia e signore di Coventry,in Gran Bretagna.
    secondo alcune cronache aveva cercato di convincere il marito a dimminuire le tasse ai sudditi.il marito,stanco delle insistenze,promise di farlo a patto che lei sfilasse nuda,a cavallo,per le strade di Coventry.ovviamente era convinto che Lady Godiva non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.
    Lady Godiva,che invece era piuttosto scaltra lo fece e sfilo' per la citta' coperta solo dai suoi lunghissimi capelli e l'unica parte visibile del suo corpo erano le gambe.
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    secondo un'altra versione lady godiva chiese ai cittadini maschi di restare a casa ,mentre lei cavalcava nuda,per non vederla.tutti lo fecero tranne uno,Peeping Tom,che divenne cieco e mori'
     
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  9. crippi
     
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    CITAZIONE (AlieNiko @ 2/10/2005, 13:16)
    bellissimo il link stigmate

    una cosa mi sono sempre chiesto da piccolo...e forse maia te lo sarai kiesta anke tu.

    Gli animali che tipo di linguaggio adoperano?
    Quando sentiamo un cane abbaiare, il latrato sembra a volte ritmico altre volte identico nel suono.

    Come sarebbe bello se un giorno imparassimo a capire il linguaggio degli animali.

    Ho trovato un articolo interessante sui delfini.

    Delfini Secondo il CNR
    Categoria: Animali

    I delfini “parlano”, questo si sa. La curiosità è che usano lingue diverse. Ovviamente è una semplificazione, per dire che anche questi mammiferi usano, come gli uomini, un idioma specifico per ciascun gruppo e, in parte, comprensibile solo da quello. Su questo argomento la sezione di Ancona dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr svolge ricerche da molti anni, in collaborazione con diversi delfinari.
    “I delfini”, sostiene Massimo Azzali dell’Ismar-Cnr, “comunicano usando due linguaggi o segnali acustici: i suoni (frequenza (20kHz), detti segnali di vocalizzazioni, e gli ultrasuoni (frequenza tra 20 e 200 kHz), detti segnali sonar o di ecolocalizzazione, che presentano importanti differenze. Le vocalizzazioni sono innate e vengono prodotte in occasione di uno specifico evento e riflettono la reazione ‘emotiva’ a quello stimolo, come l’aggressività, la paura, il corteggiamento, lo stress ecc. I segnali sonar, invece, e la condivisione di tali percezioni/evocazioni che ne scaturiscono”, prosegue il ricercatore, “si imparano con il tempo e richiedono che nella comunità si sia formato un linguaggio sonar comune, ovvero una connessione suoni-immagini acustiche che valga per l’intera comunità”.
    Si può perciò presumere che il linguaggio sonar di una comunità richieda un lungo periodo di apprendimento da parte dei suoi membri più giovani perché esso contiene molti elementi tipici ed esclusivi di quella comunità.. Ed è probabile che i delfini per formare un gruppo debbano imparare a condividere le percezioni acustiche. “Solo dopo che si sono stabilite relazioni echi-immagini”, precisa Azzali, “che valgano per tutti i membri della comunità, nascono i rapporti sociali. Dai nostri studi risulta che gruppi diversi usino il linguaggio degli echi con modalità diverse. Per facilitare questi meccanismi, madre e figlio hanno un legame molto stretto per due-quattro anni, poi l’insegnamento passa dalla madre al gruppo”.
    Il giovane delfino impara dunque da lei e dagli altri individui del gruppo ad attribuire a un tipo di eco un certo oggetto e a emettere certi tipi di segnali in presenza di oggetti con certe proprietà acustiche, seguendo le convenzioni del suo gruppo. “Questo apprendimento”, conclude il ricercatore del Cnr, "potrebbe iniziare anche prima della nascita, perché i suoni si propagano quasi allo stesso modo nell’oceano e nel corpo della madre”.

    DANILO MAINARDI

    I delfini prendono coscienza

    Una serie di esperimenti dimostra che la percezione della propria identità non è esclusiva degli esseri umani
    L’autocoscienza, insieme con la consapevolezza degli effetti che i nostri atti hanno su noi stessi, su altri individui della nostra o di altre specie, sull'ambiente sociale o naturale, sono le più sottili, profonde, forse le più importanti conquiste evolutive che le nostre strutture biologiche ci hanno regalato. Uno specifico umano dunque, uno specifico che però trova, in altre specie, interessanti precursori. Il regno animale infatti, la grande patria comune, appare sempre più una formidabile miniera d'informazioni sul come e sul perché nella storia della vita, nostra e altrui, si siano raggiunte capacità intellettive che in noi umani trovano la più superba magnificazione.
    La sensazione che si trae da un'analisi comparativa è quella di un tragitto percorso gradualmente, o meglio ancora quella dell'esistenza di più percorsi paralleli. Tre, per quel che finora sappiamo, perché l'autocoscienza e barlumi di generale consapevolezza sono presenti non solo nei primati, ma anche negli elefanti e, recente ma non sorprendente scoperta, nei delfini. E poi chissà, perché gli indizi sono tanti e promettenti e potrebbero portarci lontano, perfino fuori dalla classe dei mammiferi. Le prove indiscutibili sono però, di fatto, limitate, e tutte fanno capo, per quanto concerne la consapevolezza del sé, soprattutto a un esperimento in apparenza banale ma illuminante, la "prova dello specchio".
    Banale perché lo specchio è uno strumento così comune che abbiamo perso il senso di cosa significhi la curiosità per il sé, il sé fisico intendo, ma si pensi all'effetto straordinario che questo magico strumento produce in chi si specchia per la prima volta. Per ciò gli esploratori d'altri tempi non dimenticavano mai di portare nei loro viaggi specchietti da regalare ai "selvaggi". Erano oggetti di immenso valore perché, finalmente, quegli uomini potevano avere risposte appaganti a domande essenziali. Come conoscere altrimenti la propria immagine? Specchiarsi in una pozza d'acqua? Ascoltare le altrui descrizioni? Niente vale uno specchio, perché all'essere umano non basta sapere come è fatto un uomo, non basta conoscere mille individui, vuole conoscere il sé. E lo scimpanzé, e il gorilla, e l'orango? E altri ancora? É affascinante seguire l'esperienza di uno scimpanzé posto per la prima volta di fronte a uno specchio. La sua prima reazione è palesemente quella di trovarsi di fronte a un altro individuo. Lo invita al gioco, alla zuffa. Poi però - non ci vuol molto - scopre che, qualsiasi cosa egli fa, l'altro la replica. Inizia così la fase sperimentale. Agita una mano, fa di proposito una boccaccia, una mossa strana. Rapidamente percepisce che nello specchio c'è un'immagine del sé. Segue, a questa emozionante fase, quella altrettanto intensa della curiosità per le sue fattezze, fase che può durare a lungo, perché lo scimpanzé intraprende uno studio minuzioso, guardandosi negli occhi e in bocca, mettendosi in pose funzionali per raggiungere visivamente parti del corpo altrimenti celate. Mi risulta davvero difficile raccontare, usando solo parole, la varietà di emozioni che scorrono, descritte dalle espressioni facciali, sul volto della scimmia che scopre nei dettagli la sua immagine. É uno spettacolo che, per essere compiutamente apprezzato, non può che essere visto.
    A ogni modo, questa della scoperta e dell'esplorazione del sé è solo il risultato d'un primo esperimento. Subentra poi l'applicazione, ad animali ormai esperti e addormentati, di segni o macchie in parti del corpo che non possono essere osservati se non con uno specchio. Per esempio su un sopracciglio, sul naso, su un orecchio. S'è così visto che, svegliandosi e specchiandosi, questi scimpanzé subito toccano le vere macchie, si annusano le dita, tentano di pulirsi e controllano, specchiandosi ripetutamente, il risultato della loro azione. Forniscono insomma una prova evidente di sapere che quell'immagine li rappresenta. Oltre ai grandi primati, e solo recentemente, esperimenti analoghi, che pure hanno offerto esito positivo, sono stati compiuti su elefanti indiani e su delfini tursiopi. Esiste poi, al di là dello specchio, un'altra conferma della consapevolezza del sé raggiunta dai grandi primati, ed è quella che passa attraverso l'acquisizione del nostro linguaggio verbale. Avendo le scimmie scarsa capacità imitativa vocale, s'è dovuto in vario modo tradurre per altre vie sensoriali il valore simbolico o descrittivo contenuto nelle nostre parole. Ciò s'è ottenuto con l'uso di un linguaggio gestuale (lo scimpanzé Washoe, il gorilla Koko), con l'uso di simboli concreti, cioè piccoli aggeggi magnetizzati ricoperti di plastica colorata da ordinare su una lavagna magnetica (lo scimpanzé Sarah), oppure con l'uso di una tastiera tale da consentire alla scimmia di organizzare risposte sullo schermo di un calcolatore (lo scimpanzé pigmeo Kanzi). Molto s'è discusso sul reale significato dei risultati acquisiti, ma un fatto almeno è chiaro: la consapevolezza del sé di quegli animali. E dovrei aggiungere, soprattutto a seguito dell'ultimo saggio pubblicato sul pappagallo cenerino Alex, pure addestrato a comunicare usando in modo appropriato le parole del nostro parlare, anche questo intelligente uccello tra le specie che possiedono autocoscienza. Devo, infine, ricordare quel fenomeno assai studiato che è l'autovalutazione (assessment). Molte sono infatti le specie (tra cui cani, cervi e mufloni) che per via empirica sono in grado di acquisire, attraverso il confronto con altri individui conspecifici, una consapevolezza (almeno) di certe loro importanti caratteristiche. É difficile valutare a pieno il significato del fenomeno, che pure sembra avere, in qualche modo, a che fare con una, evolutivamente primitiva, costruzione di una conoscenza del sé. Occorre ora accennare alla consapevolezza delle conseguenze del proprio comportamento, che può venire usata, dalle specie più intelligenti, per manipolare il comportamento altrui. É il caso, tra l'altro, delle menzogne consapevoli. Un esempio per tutti: molte sono le specie sociali che, altruisticamente, hanno evoluto una comunicazione in funzione antipredatoria. La comparsa improvvisa di un predatore evoca nell'individuo che lo scopre l'emissione di segnali allertanti gli altri membri del gruppo, che così possono sottrarsi alla predazione. Ebbene, in certe specie di uccelli (corvidi, lanidi e formicaridi) e di mammiferi (la volpe artica) compare talora, come iniziativa individuale, un uso improprio e ingannevole di questi segnali, che vengono usati, alla scoperta di una risorsa alimentare, per allontanare possibili concorrenti.
    Di questo tipo sono le evidenze principali dell'esistenza d'una primitiva consapevolezza in menti non umane. Una costellazione di menti evolutesi per essere adatte ad altri stili di vita e che perciò sono tra loro diverse, che per ciò sono per noi così difficilmente penetrabili, ma stimolanti proprio in quanto, seppure parenti, aliene. L'etologia cognitiva è un'area giovane e ancora poco esplorata del comportamento animale. Un'area che risulterà utile anche per comprendere le complessità e le diversità della mente umana.


    e ancora..... sui gatti

    I gatti sapienti

    Ha scritto Claudio Magris: “Il gatto sta per stare, come ci si stende davanti al mare solo per essere lì, distesi e abbandonati. E’ un dio dell’ora, indifferente, irraggiungibile”. Le parole affascinanti del grande scrittore triestino ritraggono il micio come un animale misterioso, una divinità dallo sguardo insondabile di cui ci è dato di sapere ben poco. E per certi versi è proprio così.
    Quando si pensa di avere le idee chiare sul piccolo abitante del nostro salotto, una nuova scoperta ci riporta al punto di partenza per spiegarci che il gatto è sempre più veloce, sempre più agile, sempre più pigro, sempre più scaltro. Le ricerche sulla sua capacità di apprendimento continuano a dare risultati sorprendenti e ormai il micio è considerato tra gli animali più intelligenti. Quando il peso del suo cervello viene paragonato al peso del corpo, si ottiene infatti un rapporto superiore a quello di tutti gli altri mammiferi fatta eccezione solo per le scimmie e per i delfini.
    Non solo, ma visto che il cervello del gatto è molto simile al nostro in quanto a funzionalità e struttura, studiarlo ci aiuta a comprendere meglio anche la natura umana. Lo aveva intuito molto bene il filosofo francese di fine Ottocento Hippolyte Taine che scrisse in un suo libro: “Ho studiato molti filosofi e molti gatti: la saggezza dei gatti è infinitamente superiore.”
    Ma cosa può fare il micio con la sua intelligenza? Prima di tutto impara in maniera estremamente rapida, adattandosi così ai cambiamenti dell’ambiente. E poi dimostra di possedere una memoria infallibile. Di recente, Jules Masserman e David Rubinfine, ricercatori della Facoltà di Psichiatria dell’Università di Chicago, hanno addestrato un gruppo di gatti a contare. Utilizzando dei recipienti contenenti leccornie, che si possono aprire soltanto premendo un pedale un determinato numero di volte, i ricercatori hanno osservato che in pochissimo tempo i gatti imparano il corretto numero di operazioni per ottenere la ricompensa. Un risultato importante, che è servito anche per capire come sia possibile imparare a contare senza possedere un linguaggio vero e proprio. Studi del genere pongono le basi per un ipotetico insegnamento dell’aritmetica ai bambini in modo completamente diverso, ossia non verbale.
    Ma siamo sicuri che i gatti non possano anche parlare? In verità lo fanno ogni giorno, perché il loro miagolio è un sistema di comunicazione rivolto esclusivamente al padrone. E’ come se il micio si fosse accorto delle nostre difficoltà e avesse deciso di “parlare” come facciamo noi, usando la voce. Tra di loro infatti i gatti vocalizzano raramente e solo i piccoli lo fanno quando chiamano mamma gatta. Il nostro micio, che ci considera un po’ come i suoi genitori, usa quindi una vasta gamma di suoni per richiamare l’attenzione, quando ha fame, quando vuole uscire di casa, quando vuole semplicemente salutarci o quando un oggetto di casa è fuori posto e ha sconvolto la sua routine. Negli anni ’30 la psicologa Mildred Moelk aveva individuato sedici diverse espressioni vocali che i gatti riservano ai padroni, e recentemente la ricercatrice Patricia McKinley ne ha scoperti addirittura 23.
    Ma è anche esistito un vero e proprio gatto parlante. Si chiamava Mesi e viveva a Mosca. Agli inizi degli anni Ottanta attirò l’attenzione di giornalisti e scienziati di tutto il mondo perché sembra fosse in grado di pronunciare correttamente il suo nome. Quando la padrona gli chiedeva “Come ti chiami?”, il micio rispondeva “Mesi”. E quando gli veniva chiesto dove abitasse, rispondeva chiaramente “Mosca”. In realtà poi venne scoperto che, a causa di una malformazione della laringe, Mesi emetteva miagolii molto simili alla voce umana.
    ROBERTO ALLEGRI

    Miao.... Miao

     
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  10. maia
     
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    l'elefantiasi e' una malattia parassitaria causata da una puntura di zanzara.la zanzara trasmette all'uomo un parassita sotto forma larvale.queste vanno a localizzarsi nei vasi linfatici dove divengono adulte e si accoppiano.se gli individui adulti sono molti possono provocare un'ostruzione dei vasi linfatici e possono provocare un enorme ingrossamento degli arti inferiori(elefantiasi)

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    l'incubo del mio libro di biologia.ho tagliato tutte queste belle foto per riuscire a studiarci ed alla fine era tutto un buco
     
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  11. AlieNiko
     
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    CITAZIONE (maia @ 19/10/2005, 11:01)
    l'elefantiasi e' una malattia parassitaria causata da una puntura di zanzara

    non sapevo fosse una malattia parassitaria..ero convinto che si trattasse di una rara sindrome invece, sei sicura di questa cosa?
     
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  12. maia
     
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    Elefantiasi: malattia parassitaria dell'uomo, dovuta alla presenza nello spessore del derma di diverse filarie, che provocano una tumefazione mostruosa dell'organo colpito, come braccia, gambe, organi genitali.
    da qui'
    http://www.doctorsegalla.com/newsletter/ev...evolution02.php


    e' scritto in francese ma si capisce
    http://www.onaclimb.com/parasiten/helfila.html


    quando scrivo sono sicura
     
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  13. AlieNiko
     
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    CITAZIONE (maia @ 20/10/2005, 15:24)



    quando scrivo sono sicura

    si nn lo metto in dubbio...intendevo se la fonte della definizione fosse sicura

    Edited by AlieNiko - 20/10/2005, 15:33
     
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  14. maia
     
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    CITAZIONE (AlieNiko @ 20/10/2005, 15:33)
    CITAZIONE (maia @ 20/10/2005, 15:24)



    quando scrivo sono sicura

    si nn lo metto in dubbio...intendevo se la fonte della definizione fosse sicura

    scherzavo Niko
     
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  15. maia
     
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    il pesce palla e' un piatto che i giapponesi adorano.ma il pesce palla e' anche molto velenoso.e' rivestito infatti di una sostanza velenosa e l'abilita' del cuoco sta nel dosare il veleno in modo da dare al consumatore solo un...intorpidimentouser posted image
    per questo motivo i cuochi diplomati che possono cucinare il pesce sono molto pochi.
    l'esame finale si svolge cosi':il candidato deve mangiare il pesce che ha cucinato.se sopravvive viene promosso

    da "la macchina del tempo"
     
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144 replies since 2/10/2005, 10:28   2165 views
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